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Verso una PSICOTERAPIA SOCIALE

Il benessere mentale è un diritto, non un privilegio: la psicoterapia di qualità deve essere un bene comune.

a cura di Marco Crescenzi*, Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale, Psicologo Sociale ad indirizzo sperimentale dal 1994, membro SITCC-Societa’ Italiana Terapaia Comportamentale e Cognitiva, di EABTC- European Association for Behavioural and Cognitive Therapies, Fondatore e Presidente della Social Change School.

 PSICOTERAPEUTA SOCIALE è una piattaforma internazionale non profit attiva in Italia, Spagna e Regno Unito, nata nel 2022.  

.                                                  Rome, Via degli Scipioni 237, 00192- Madrid Calle Maiquez 30 28009

Ottobre 2022

Manifesto per una Psicoterapia Sociale – Visione e Principi

VISION ed orizzonte di senso

“Psicoterapia di qualità come diritto accessibile a tutti, veicolo di crescita e cambiamento sociale.”

Una società in cui il benessere psicologico ed emotivo sia un diritto, la psicoterapia considerata culturalmente come un bene comune diffuso accessibile e sostenibile, un veicolo di cambiamento sociale e di crescita personale e collettiva per la liberazione del massimo potenziale di ciascuno.

MISSIONE ed orizzonte di impatto

“Contribuire a rendere la psicoterapia di qualità accessibile a tutti abbattendo le barriere di accesso logistiche, economiche e culturali.”

Cambiare il linguaggio, le parole chiave e la narrazione della psicoterapia, da salute a benessere mentale, da cura a crescita e liberazione, da paziente a persona in terapia. Passare da un paradigma medico ad uno di benessere, capacitazione, consapevolezza e liberazione. Cambiare la percezione che gli psicoterapeuti hanno di sé stessi, sviluppando una maggiore consapevolezza del proprio ruolo sociale e di change makers. Diffondere la psicoterapia di qualità on line attraverso piattaforme tecnologiche e schemi innovativi pubblico-privato.  

I Principi  –  Manifesto

  1. IL BENESSERE MENTALE È UN DIRITTO, NON UN PRIVILEGIO
  2. IL BENESSERE MENTALE NON E’ SOLO ASSENZA DI PATOLOGIA GRAVE E MANIFESTA, MA ANCHE DIRITTO DI CRESCERE E RAFFORZARSI PER SVILUPPARE APPIENO IL PROPRIO POTENZIALE DI VITA.

  3. ABBANDONARE IL PARADIGMA MEDICO: CAMBIARE TERMINI E NARRAZIONE.
  1. VEDERE LA PSICOTERAPIA “DALLA PROSPETTIVA DELLA PERSONA IN TERAPIA” E DELLE SUE ESIGENZE DI ACCESSO.

  2. LA PSICOTERAPIA ON LINE ED IBRIDA, COSI’ COME PER LA FORMAZIONE, PUO’ ESSERE UN FORTE MOTORE DI ‘SOCIALIZZAZIONE’ (ESPANSIONE-ESTENSIONE SOCIALE) DELLA PSICOTERAPIA PER ABBATTERE LE BARRIERE DI ACCESSO LOGISTICHE, ECONOMICHE, CULTURALI ED ARRIVARE A FASCE DI POPOLAZIONE MOLTO PIU’ AMPIE.

  3. LO PSICOTERAPEUTA DEVE PERCEPIRSI MAGGIORMENTE E CON MAGGIORE ORGOGLIO COME ATTORE SOCIALE E CHANGE-MAKER, PIU’ CHE PROFESSIONISTA SOLITARIO O SEMPLICEMENTE MEMBRO DI UNA SCUOLA O DI UNA CORRENTE.
  1. IL BENESSERE MENTALE È UN DIRITTO, NON UN PRIVILEGIO

Usiamo appositamente la parola benessere – in contrapposizione a salute – sia all’interno del superamento di un paradigma biomedico, che in accordo con la terminologia emergente e con gli indicatori utilizzati dalle Nazioni Unite e da enti nazionali (ad esempio Istat).

Il diritto alla salute è tra i diritti fondamentali nella vita delle persone, a prescindere da età, genere o contesto socioeconomico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stabilisce che la salute è uno stato complessivo di benessere fisico, mentale e sociale e non la mera assenza di malattie o infermità. In questo senso si riferisce anche alla salute mentale, come dichiarato a più riprese dalle Nazioni Unite.

Secondo la definizione dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (Special Rapporteur, Relatore Speciale), nel documento The right to mental health[1], la salute mentale viene descritta come:

[…] uno stato di benessere emotivo e sociale buono e delle relazioni sane e non violente tra individui e gruppi, caratterizzati da fiducia reciproca, tolleranza e rispetto per la dignità di ogni persona.

Il diritto alla salute richiede che il sostegno alla salute mentale venga avvicinato alle cure primarie e alla medicina generale. Nel report sul diritto alla salute nella prima infanzia (A/70/213), il Relatore Speciale Dainius Puras affronta la necessità di interventi psicosociali efficaci. Nelle relazioni sul diritto alla salute degli adolescenti (A/HRC/32/32) e sulla corruzione e il diritto alla salute (A/72/137), inoltre, dedica capitoli specifici alla salute mentale, oltre a dedicare spazio anche al diritto alla salute mentale in ciascuno dei suoi country reports.

Secondo l’ISTAT (Italia) il “benessere soggettivo[2] è una delle “12 dimensioni del benessere equo e sostenibile”.[3]

Secondo l’OMS, inoltre, i fattori determinanti della salute mentale e dei disturbi mentali non derivano solamente da fattori endogeni dell’individuo – come la capacità personale di gestione dei propri pensieri ed emozioni – ma anche da fattori esogeni, quali il contesto culturale, sociale e politico. Per tale motivo, il ruolo degli Stati è essenziale per garantire lo standard di salute più alto possibile. Lo Special Rapporteur per il diritto alla salute sottolinea come sia necessario garantire alle persone con disturbo mentale e disabilità psicosociali l’autorità di influire nella pianificazione e attuazione di politiche, leggi e servizi riguardanti la salute mentale,  come confermato dal Piano d’azione per la salute mentale 2013-2020 dell’OMS.[4] Questo chiarisce che il diritto alla salute mentale non sancisce un mero obbligo dello Stato di curare il paziente, ma mira, invece, a facilitare la partecipazione dell’individuo alla propria salute e permettergli così di esercitare la propria autonomia e, in un certo senso, il proprio diritto all’autodeterminazione.

Inoltre, dal momento che il diritto alla salute mentale rientra pienamente nel diritto alla salute, gli Stati hanno l’obbligo di allocare il più alto numero di risorse possibili per garantirne l’effettiva tutela. Oggi, tuttavia, meno del 7% del budget sanitario è destinato a questo, con una spesa pro-capite inferiore ai 2 dollari annui e di 0,25 dollari nei paesi a più basso reddito.

Alcuni paesi hanno fatto grandi passi avanti nell’includere la psicoterapia nel sistema sanitario, in particolare in UK e Australia. Un riferimento significativo, in tal senso, è il programma IAPT (Improving Access to Psychological Therapies – Migliorare l’accesso alle terapie psicologiche)[5] distribuito a livello nazionale dal NHS nel Regno Unito: si tratta di un programma di supporto per la salute mentale completamente gratuito per aiutare le persone (in particolare persone con ansia o depressione da lieve a moderata) a gestire le “sfide” della vita e ad accedere ad un supporto psicologico.

Come vediamo in questo primo passo di analisi, il termine ‘benessere mentale’ appare solo in modo intermittente ed inglobato in quello di Salute. Un passo avanti importante da fare.

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[1] https://www.ohchr.org/en/special-procedures/sr-health/right-mental-health

[1] https://www4.istat.it/it/benessere-e-sostenibilit%C3%A0/misure-del-benessere/le-12-dimensioni-del-benessere/benessere-soggettivo

[1] https://www4.istat.it/it/benessere-e-sostenibilit%C3%A0/misure-del-benessere/le-12-dimensioni-del-benessere

[1] https://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?id=2448&lingua=italiano   e  pdf

[1] Report of the Special Rapporteur on the right of everyone to the enjoyment of the highest attainable standard of physical and mental health. https://www.england.nhs.uk/mental-health/adults/iapt/

  1. BENESSERE MENTALE: NON SOLO ASSENZA DI PATOLOGIA GRAVE E MANIFESTA, MA ANCHE DIRITTO DI CRESCERE E RAFFORZARSI PER SVILUPPARE APPIENO IL PROPRIO POTENZIALE DI VITA SECONDO IL CAPABILITY APPROACH DI AMARTYA SEN.

Secondo le Nazioni Unite buona salute mentale significa molto di più dell’assenza di una disabilità mentale e non c’è salute senza salute mentale.

Attenzione: parlare di benessere umano e di diritto alla felicità e alla crescita e considerare la psicoterapia un vettore di crescita e cambiamento sociale, porta inevitabilmente al superamento di quel paradigma biomedico considerato un grave problema anche dalle Nazioni Unite.

ISTAT: Benessere soggettivo

Il concetto di benessere personale o soggettivo nelle politiche pubbliche è ormai presente in diversi Stati, tra cui l’Italia. L’ISTAT riassume la nozione di benessere soggettivo e ne fornisce alcuni indicatori.

Le percezioni e le valutazioni influenzano inevitabilmente il modo in cui le persone affrontano la vita e usufruiscono delle opportunità. Il “benessere soggettivo” (BES) presenta un carattere di trasversalità, in quanto può essere riferito sia ad ambiti di vita specifici, sia alla vita nel suo complesso. Il dominio “benessere soggettivo” proposto, infatti, riguarda le valutazioni e le percezioni espresse direttamente dagli individui sulla loro vita in generale, ma anche quelle riferite ad ambiti più specifici, che afferiscono ai diversi domini del BES. In tal senso, alcuni degli indicatori individuati vanno a completare il quadro di questi domini, tra i quali, ad esempio, quello sulla soddisfazione per le relazioni familiari, inserito nel dominio relazioni sociali.

Dimensioni considerate per la rappresentazione del dominio

Il concetto di “benessere soggettivo” è individuato dalle due seguenti dimensioni:

  1. Dimensione cognitiva. Rappresenta il processo attraverso il quale ciascun individuo valuta (in termini di “soddisfazione”) in modo retrospettivo la propria vita, vista nel suo complesso; tale valutazione soggettiva viene fatta facendo riferimento a determinati standard personali (aspettative, desideri, ideali, esperienze passate, etc.). Tale consapevolezza consente di esprimere un livello di soddisfazione in funzione del raggiungimento dei propri obiettivi, della realizzazione delle proprie aspirazioni, del confronto con i propri ideali, con le proprie esperienze passate o con i risultati raggiunti da altre figure significative. In altre parole, la soddisfazione per la vita è frutto di un percorso cognitivo dell’individuo che valuta la sua situazione rispetto a standard (Nuvolati, 2002) definiti relativamente a diversi aspetti.
  2. Dimensione affettiva. Sta ad indicare le emozioni che i soggetti sperimentano durante la loro vita quotidiana. Tali emozioni possono essere positive (pleasant affects) o negative (unpleasant affects) e sono trattate concettualmente in maniera distinta, perché determinate da variabili diverse (Bradburn, 1969; Diener/Emmons, 1984; Argyle, 1987). Al contrario della componente cognitiva, che implica una riflessione a posteriori sulla propria vita fino ad un determinato momento, la componente affettiva è legata al presente, alla situazione attuale.

La ricerca sulla misurazione della componente affettiva è in progress; dunque, in questa fase la definizione degli indicatori proposti al BES si riferirà solo alla componente cognitiva.

Nel Capability Approach del premio Nobel per l’economia, Amartya Sen, l’uomo è considerato un’individualità complessa con il diritto di poter sviluppare appieno il proprio potenziale di vita. Il ribaltamento paradigmatico di Sen si lega alla necessità di godere di condizioni collettive e individuali che permettano all’individuo di scegliere chi vuole essere ed esprimere il meglio di sé. Tale concetto rende ben evidente, oltre le condizioni di benessere oggettivo, il fondamentale ruolo della psicoterapia non solo per “curare” disabilità e “problemi” mentali, ma per abilitare le persone e aiutarle a crescere nella libertà e nel benessere, sulla base di indicatori in parte già sviluppati (vd. ISTAT), in parte da concordare in ambito psicoterapeutico.

  1. ABBANDONARE IL PARADIGMA MEDICO: CAMBIARE PAROLE E NARRAZIONE.

Nel 2017 il Relatore Speciale delle Nazioni Unite ha pubblicato un report  innovativo che affronta il “fardello globale degli ostacoli” nei contesti di salute mentale e nel campo della psichiatria, indicando come primo “fardello” proprio il predominio del paradigma biomedico.[6]

Se davvero vuole uscire dal paradigma biomedico la psicoterapia deve rinnovare parole, narrazione e, talvolta, scopo: parlare di “persona in terapia”, più che di “paziente”, di “crescita”, oltre che di “cura”, di “benessere”, prima che di “salute”. È proprio il linguaggio utilizzato a rafforzare le barriere di accesso culturali nei confronti della psicoterapia (chi va “in cura” dallo psicoterapeuta sarà senz’altro “malato”: di fatto siamo noi a definirlo così). Tale atteggiamento allontana ampissime fasce di popolazione, soprattutto gli uomini e le fasce di reddito e istruzione più basse.

  1. VEDERE LA PSICOTERAPIA “DALLA PROSPETTIVA DELLA PERSONA IN TERAPIA” E DELLE SUE ESIGENZE DI ACCESSO

In un mondo sempre più in evoluzione verso lo smart working e la fruizione a distanza, in cui ambiti limitrofi come la formazione hanno raggiunto maturità ed efficacia straordinarie, è impossibile pensare ancora ad un setting unicamente presenziale. Ci proponiamo di strutturare un setting a distanza o ibrido realmente efficace. Tra molti colleghi sembra prevalere uno scetticismo di base (già vissuto alla fine degli anni ’90 – 1998 – quando introdussi con ASVI – Agenzia per lo Sviluppo del Non Profit[7] la formazione a distanza nel settore non profit in Europa). Sia sulla base di quella esperienza, che di quella come Psicoterapeuta, proponiamo una modalità ibrida, sulla quale stiamo focalizzando le ricerche, raccogliendo e aggiornando dati.

  1. LA PSICOTERAPIA ON LINE ED IBRIDA, COSI’ COME LA FORMAZIONE, PUO’ ESSERE UN FORTE MOTORE DI ‘SOCIALIZZAZIONE’ DELLA PSICOTERAPIA PER ABBATTERE LE BARRIERE DI ACCESSO LOGISTICHE, ECONOMICHE E CULTURALI ED ARRIVARE A FASCE DI POPOLAZIONE MOLTO PIU’ AMPIE.

Come per la formazione, non può esserci un’aspettativa ingenua che l’‘on line’ o ibrido possa essere la modalità adeguata per tutte le tipologie di intervento (non è certo l’ideale per i gruppi terapeutici o la terapia familiare) e per tutte le tipologie di persona in terapia (es. in caso di depressione maggiore e/o psicosi). Tuttavia, siamo certi che una maggiore presenza ‘sociale’ e ‘social’ ed un ampliamento controllato e di qualità del setting terapeutico, possano fare la differenza in termini di impatto sociale, contribuendo a diffondere la psicoterapia in contesti nuovi e ‘arrivare’ ad una vasta utenza ad oggi coperta poco, male o per niente. Riprendendosi spazi di senso, impatto e di mercato molto rilevanti. È all’interno di questo “orizzonte di senso” – e non solo di mero “delivery” – che il presente Manifesto ci sembra un contributo utile ad una riflessione condivisa.

A breve è prevista la pubblicazione del ‘Position Paper sulla Terapia On line ed Ibrida’ di Psicoterapeuta Sociale.

  1. LO PSICOTERAPEUTA DEVE PERCEPIRSI MAGGIORMENTE E CON MAGGIORE ORGOGLIO COME ATTORE SOCIALE, PIU’ CHE PROFESSIONISTA SOLITARIO.

Noi crediamo che la psicoterapia sia di ‘cura’, sia di ‘crescita’ debba ‘socializzarsi’, cioè a dire essere facilmente accessibile, considerarsi un prezioso ‘bene comune’ da non tenere segregato negli studi privati. Riprendersi uno ‘spazio sociale’, semi- abbandonato a schiere di ‘life-coach’ volenterosi ma non sempre preparati adeguatamente alle complessità in gioco. Pensiamo che la psicoterapia ibrida ed on line possa supportare questo processo, ‘arrivare’ più facilmente a piu’ ampie fasce di popolazione, come è stato per la formazione.

Riprendendo un po’ di quello spirito rivoluzionario della psichiatria sociale che aveva caratterizzato gli anni 70 e dato origine al fenomeno- ora strutturale, con 700.000 dipendenti e xx miliardi di fatturato, – della cooperazione sociale.

L’argomento ci sembra trattato più dal punto di vista dello ‘psicoterapeuta nel sociale’ che dall’identità professionale. Diversi colleghi hanno tuttavia focalizzato in qualche modo la necessità di un cambio di paradigma, ad es. D’Elia, L. (2020), La funzione sociale dello psicoterapeuta, Alpes, Roma[8], dove  Psicoterapia sociale è un  “termine ombrello entro cui sono racchiusi una serie variegata di pratiche, spesso isolate e frammentate, accomunate dal bisogno di abbassare le barriere, anche economiche, che separano una parte della popolazione da alcuni servizi di salute mentale, quali esempio, le psicoterapie”[9].

Su un versante a noi caro, quello di psicoterapia e social change, abbiamo Spaner, F. E. (1970)[10] che sostiene che la psicoterapia intesa come veicolo per il cambiamento individuale non si distingue dalla psicoterapia intesa come veicolo per il cambiamento sociale.

  1. F. Korten e S. W. Cook[11], ritengono che lo psicoterapeuta abbia il dovere di influenzare e promuovere il processo di cambiamento nella società e discutono il contesto culturale della psicoterapia, nonché le questioni che necessitano di studio[12]

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Marco Crescenzi – credits

Psicologo Sociale ad indirizzo sperimentale e Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale presso il II Centro Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva di Via degli Scipioni, Roma.

Iscritto all’Ordine degli Psicologi Sez. A, n. 4311 (delibera del 20/12/1993).

Membro SITC – Società Italiana Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva.

Collaboratore del Dipartimento di Psicologia Sociale, Università di Roma, periodo 1988-1992.

Fondatore e Responsabile scientifico del programma e del sito “Psicoterapeuta Sociale”.

Supervisore della Piattaforma della ONG ‘Necessito Terapia’, Madrid, Spagna.

Fondatore e Presidente della Social Change School, dal 1997, Istituzione leader nella formazione dei manager del non profit, con cui ha introdotto la formazione manageriale on line per il Terzo Settore in Europa.

Autore dal 1998 di numerose pubblicazioni specialistiche e divulgative, scrive sui Blog di Huffington Post ed Il Fatto Quotidiano ed è tra i referenti per i media italiani sui temi del lavoro nel non profit.

Documenti e riferimenti istituzionali

Il presente paper, pur proponendo un cambio di paradigma, si colloca in continuità con il quadro istituzionale in divenire fornito da UN, OMS, Istat. Tra i documenti più interessanti si menziona:

Ampio il dibattito con gli stakeholders: di seguito forniamo alcuni scambi intercorsi (Responses from Stakeholders in the UN debate).

The Special Rapporteur’s 2020 report on a human rights-based global agenda for mental health and human rights triggered a response from the World Psychiatric Association (WPA) and the World Medical Association (WMA). See letter (7 August 2020).

The Special Rapporteur’s 2017 report on mental health triggered various responses from different stakeholders as follows:

Altro

Position Paper sulla Terapia On line ed Ibrida’ di Psicoterapeuta Sociale, di prossima pubblicazione

Note.

Esiste in Italia un Registro delle Organizzazioni di Psicoterapia Sostenibile dell’Ordine degli Psicologi della Regione Lazio.

In Piemonte esiste una Rete di psicoterapia sociale (Piemonte) creata ne 2016  https://retepsicoterapiasociale.jimdofree.com/

A latere dei Servizi ci sono Ambulatori sociali di psicoterapia come a Torino – https://www.ambulatoriosocialepsicoterapia.com/,
 l’Ambulatorio sociale di psicoterapia (Opera Don Calabria)https://psicoterapia-accessibile.it/.

 

[1] https://www.ohchr.org/en/special-procedures/sr-health/right-mental-health

[2] https://www4.istat.it/it/benessere-e-sostenibilit%C3%A0/misure-del-benessere/le-12-dimensioni-del-benessere/benessere-soggettivo

[3] https://www4.istat.it/it/benessere-e-sostenibilit%C3%A0/misure-del-benessere/le-12-dimensioni-del-benessere

[4] https://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?id=2448&lingua=italiano   e  pdf

[5] Report of the Special Rapporteur on the right of everyone to the enjoyment of the highest attainable standard of physical and mental health. https://www.england.nhs.uk/mental-health/adults/iapt/

[6] https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/G17/076/04/PDF/G1707604.pdf?OpenElement

[7] Ora Social Change School www.socialchangeschool.org

[8]Obiettivo dichiarato del libro: colmare una lacuna formativa relativa al percorso di ogni psicoterapeuta che affronta problematiche cliniche in un medium sociale in perenne e rapidissimo mutamento. Tale lacuna riguarda, per l’autore, sia il piano teorico-concettuale (non esiste, almeno in Italia, una psicoterapia sociale, nonostante si moltiplichino le iniziative con tale intenzione), sia il piano clinico (non è affatto chiaro come e dove si debba tradurre una consapevolezza della funzione sociale nella pratica clinica).

[9] Da https://sportellotiascolto.it/2021/01/07/psicoterapia-sociale-e-capacitazione-accessibilita/

[10] Spaner, F. E. (1970), “The psychotherapist as an activist in social change: A proponent”. In F. F. Korten, S. W. Cook, & J. I. Lacey (Eds.), Psychology and the problems of society (pp. 58–62).

[11] In F. F. Korten, S. W. Cook, & J. I. Lacey (Eds.), Psychology and the problems of society (pp. 58–62). American Psychological Association. – https://psycnet.apa.org/record/2004-15424-004

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